I FIGLI DI NESSUNO
ogni giorno quattro bambini vengono assassinati e i loro carnefici non sono neppure perseguiti in un Paese dove vige la più assoluta mancanza di regole.Bambini nel mirino dei poliziotti, dei gruppi di sterminio
finanziati da commercianti e imprenditori con mire espansionistiche
all’interno delle favelas, dei giustizieri che hanno il controllo del
traffico di droga e dello sfruttamento della prostituzione minorile.Bambini e bambine schiavizzati e reclusi in postriboli, oppure costretti a lavorare in condizioni disumane nelle miniere d’oro.Nel Nord Est del Brasile, la zona più povera del paese sudamericano, è
assolutamente regola che bimbe di nove, dieci anni, siano prelevate
dalle famiglie con la promessa di un lavoro come cameriera, per
ritrovarsi poi in qualche sordido lupanare ad alimentare il mercato
della prostituzione minorile, prede di orchi senza scrupoli in arrivo
dall’Europa, dagli Usa o dal Giappone.Rio, la capitale, guida la tragica classifica dei massacri, con 350 omicidi.E i meninos de rua vivono in strada, per sopravvivere, per lavorare,
dove lavorare non significa altro che furto, spaccio, prostituzione,
rapine. Piccoli delinquenti senza possibilità di scelta e che, ammesso
che ci arrivino, diverranno adulti criminali. Per questo, la società
civile li teme, li combatte, li sopprime: null’altro che un problema da
risolvere, non importa come, ci pensano gli squadroni della morte.una ragazzina di quindici anni violentata brutalmente da un poliziotto
che l’aveva arrestata, un’altra dilaniata dai cani aizzati dalla
polizia all’interno di una chiesa, dove la piccola aveva cercato riparo
dopo aver rubato un orologio. Un’altra ancora che mostra i seni
devastati dall’Aids per sfuggire allo stupro.Ragazzini che vivono tutti insieme, nel terrore di essere massacrati
dalla temutissima Rota, i reparti speciali della polizia brasiliana, che
ogni anno fa strage dei minori senza diritti.per sfuggire all’orrore della realtà che sono costretti a vivere,
ragazzine che non si accorgono neppure di essere violentate, prima le
addormentano con il gas, meno grane.Bambine di poco più di dieci anni costrette a masturbare poliziotti
quarantenni, quindicenni incinte al settimo mese che perdono il figlio
dopo essere state prese a stivalate nella pancia mentre dormono sul
marciapiede sotto un cartone, colpi di frusta distribuiti alla cieca sui
corpi addormentati.don Renato Chiera, missionario della diocesi di Mondovì dal
1978 in Brasile e attualmente a Nova Iguaçu, dove ha fondato la Casa
do menor per l’accoglienza dei ragazzi di strada, è stato
minacciato di morte con una telefonata.Mi hanno minacciato: perché devo stare zitto? Un’altra
ipotesi si collega a un ex ospite che lavora in un cimitero, nei pressi di
una favela dove i narcotrafficanti si rifugiano o nascondono fucili
e droga; con lui ho avuto un battibecco e può avere chiesto aiuto agli
spacciatori per farmi tacere. Tutto è possibile dove la vita non vale
niente. Io sono contento di vivere i pericoli del mio popolo. Posso vedere
se sono pronto a dare la vita per la mia gente, come Gesù. Con l’aiuto
di Dio lo sono. Ma è più facile il martirio eroico di quello quotidiano
con questi ragazzi di strada, distrutti e violenti perché non amati.Dopo il 1983, continua don Chiera, «le minacce sono state frutto
del mio impegno coi ragazzi di strada, usati dalla criminalità, dai
narcotrafficanti e dalla polizia parallela e poi uccisi quando pericolosi
o scomodi. Una volta un’auto mi ha investito e se n’è andata. In un
biglietto lasciato nella Casa do menor nel 1993 mi avevano intimato
di consegnare tre ragazzi o sarebbe successo l’inferno. Sono arrivati a
incaprettare una nostra educatrice: "Tu sei un pesce piccolo.
Vogliamo il pesce grande", hanno avvertito. Ero abituato a essere
seguito da macchine sospette, da persone strane. Ma da due anni mi
lasciavano in pace.La vita di don Chiera si identifica con la Casa do menor, «nata
davanti al corpo gelido di Pirata, primo ragazzo di strada che avevo
accolto in casa, braccato dalla polizia e poi ucciso. Mi sono ricordato
delle parole del Vangelo: "Quello che fate al più piccolo lo fate a
me". Quel ragazzo era Gesù e io ho iniziato a accogliere Gesù nei
ragazzi.
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