LA GUERRA NELLE FAVELAS

Tanta gente sorride a Rio. Eppure c’è anche un’altra storia che non compare sui cataloghi turistici e nei blog di viaggio. Una storia crudele scritta tutti i giorni e che si prova a tenere a debita distanza dai riflettori puntati sulla cidade maravilhosa. Una storia fatta di tante pagine, ognuna un vissuto, tanta rabbia e infinita tristezza.È la storia di chi, da sempre, vive gli innumerevoli soprusi causati dalla disuguaglianza socio-economica che affligge il Brasile e che a Rio de Janeiro trova sfogo nelle periferie suburbane e nelle tante tante favelas.Gli episodi di questa storia narrano di servizi inadeguati per centinaia di migliaia di persone (quando va bene) e di persone innocenti che muoiono (quando va male).È andata male, molto male, il 2 aprile 2015, quando il piccolo Eduardo de Jesus Ferreira, 10 anni di età, è morto colpito alla testa da un proiettile mentre giocava con il cellulare davanti la porta di casa sua. Il fatto è avvenuto in una delle favelas che compongono il vasto Complexo do Alemão e lo sparo è partito dall’arma di un poliziotto impegnato nella lotta (piena di interrogativi) contro il traffico di droga.Eduardo amava la scuola e la sua vita si è interrotta poco prima che iniziasse a frequentare un corso di inglese e uno di informatica. La famiglia lo piange e noi lo ricordiamo, nel piccolo del nostro blog.Dal 2011 a oggi, la guerra civile in Siria ha provocato la morte di circa 100-150 mila persone, gli attentati e le violenze in Iraq hanno prodotto circa 20 mila decessi e sono state uccise circa 2 mila persone nei disordini scoppiati in Libia dopo la caduta di Gheddafi.Nello stesso periodo, in Brasile, sono state assassinate quasi 200 mila persone. Un tasso di omicidi tra i più alti del mondo, 27,5 morti ogni cento mila abitanti, secondo le stime del governo di Brasilia. È come se il Brasile fosse in piena guerra civile. Ma nessuno lo dice apertamente. Delle 50 città più violente della terra, 16 sono brasiliane, secondo uno studio realizzato dalla Ong messicana Consejo Ciudadano para la Seguridad Pública y la Justicia Penal. E questi dati potrebbero essere ancora più tragici. Lo studio, infatti, considera soltanto le città con popolazione superiore a 300 mila abitanti, escludendo completamente quelle più piccole del Nordest, dove la situazione è ancora più grave.Nei quattro anni considerati, circa 206 mila brasiliani sono deceduti per morte violenta contro le 170 mila vittime dei conflitti in Iraq, Sudan, Afghanistan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Sri Lanka, India, Somalia, Nepal, Kashmir, Pakistan e Israele-Palestina.Il problema, indicato da tutti gli studi, è che esiste una vera e propria cultura della violenza in Brasile, molto radicata principalmente nei segmenti più poveri ed emarginati della società. Favelas in primis. Esiste una bassa capacità di negoziazione dei conflitti sociali e di convivenza. Di conseguenza, la violenza è frequentemente utilizzata per risolvere i problemi, anche i piú piccoli. La maggior parte degli omicidi in Brasile, infatti, non sono legati al traffico di droga o ad altre attività criminali, ma a questo “culto della morte” che porta persone ad assassinare il proprio vicino di casa o uno sconosciuto con cui si ha una discussione in mezzo al traffico per futili motivi. Dopo aver letto tutto questo ci domandiamo perché tutto questo non si ferma forse la guerra e la disperazione fa comodo agli interessi di qualcuno!. VOGLIO PROPORVI UN VIDEO FATTO DA CURRENT E CARICATO DA YOUTUBE

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